Il condono edilizio è stato avviato dal nostro governo con il decreto legge 269/2003 poi convertito in legge 326/2003. L’esigenza principale che ha mosso il governo a questa iniziativa è stata quella di assicurarsi nuovi introiti finanziari attraverso la raccolta delle oblazioni ai fini del risanamento delle casse dello Stato. Sin dalla sua data di emissione, il provvedimento sul condono edilizio ha ingenerato una situazione di confusione fra cittadini, istituzioni locali, amministrazioni regionali e governo centrale. La fonte principale di questa confusione è stata la non chiara definizione dei rapporti fra Stato e Regioni in materia di competenza legislativa sull’ applicazione del condono edilizio.
Essendo infatti il condono edilizio, materia del governo del territorio, esso rientra di diritto nella sfera di competenza concorrente Stato-Regioni (art. 117 cost.) Questo autorizza le regioni a legiferare (anche se non tutte lo hanno fatto) con l’intento di adattare la normativa nazionale alle esigenze del proprio territorio. Proprio queste manovre di “adattamento” per mezzo di leggi regionali hanno creato una situazione di incertezza, il cui motivo principale è da attribuirsi alla mancanza da parte della normativa nazionale di precisi criteri, modalità, e limiti entro cui, in fase di adattamento, le regioni avrebbero potuto apportare modifiche al testo originale.
In questo regime di “anarchia” normativa ciascuna regione ha agito come meglio ha ritenuto, in alcuni casi,credendo di averne il potere, anche “disapplicando” completamente il condono edilizio nell’ambito del proprio territorio e negandone la legittimità. A seguito di vari ricorsi, di cui ci occuperemo nel dettaglio di seguito, la Corte Costituzionale si è pronunciata affermando la legittimità della manovra condono edilizio e indicando i criteri cui le regioni dovranno attenersi in fase di adeguamento della normativa. Per cui in pratica tutte le Regioni dovranno, entri il 12 novembre 2004, riaprire i termini per la presentazione delle domande, e legiferare nuovamente per adattare il condono edilizio alla propria regione attenendosi alle indicazioni contenute nelle sentenze della Corte Costituzionale.
In realtà queste nuove indicazioni dovevano essere recepite da una legge nazionale che avrebbe, in questo modo, riscritto la legge 269/2003. Tuttavia il Governo lo ha ritenuto superfluo poichè le sentenze della Corte Costituzionale sono sufficientemente complete ed esaustive da consentire alle regioni di legiferare nuovamente.
OGGETTO DEL CONDONO EDILIZIO
La legge nazionale consente di sanare abusi edilizi entro il limite di 750 metri cubi per ogni richiesta e che complessivamente non riguardino una costruzione oltre i 3000 metri cubi (che coincidono in 7 o 8 appartamenti da 100-110 mq di superficie).
Per quanto concerne l’ampliamento delle costruzioni esistenti la legge conferma il limite del 30% della volumetria della costruzione esistente o 750 metri cubi.
Il condono edilizio esclude in termini assoluti la possibilità di sanare le opere su aree che rientrano nel demanio marittimo, fluviale e lacuale.
Il condono edilizio stabilisce l’obbligo di non vendere per i 5 anni successivi alla sanatoria quelle opere che sorgono su aree che erano pubbliche.
La legge inoltre individua nel Prefetto il soggetto comunale competente a decidere in tema di demolizioni di opere abusive.
TERMINI PER LA PRESENTAZIONE DELLE DOMANDE DI CONDONO EDILIZIO E SCADENZIARIO PAGAMENTI.
Il termine di scadenza per la presentazione delle domande di condono edilizio nel corso degli ultimi mesi è stato prorogato più volte. Infatti inizialmente il termine di scadenza era stato fissato per il 31 marzo 2004, poi prorogato al 31 luglio 2004 e da ultimo il termine è stato prorogato al 10 dicembre 2004.
E' stato stabilito che le regioni hanno tempo fino al 12 novembre per emanare proprie leggi di adattamento che, come abbiamo visto dovranno attenersi, nel merito della disciplina del condono edilizio, alle prescrizioni delle sentenze della Corte Costituzionale.
Decreto Legge 12/07/2004 n. 168
Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica. (proroga del condono edilizio al 10 dicembre 2004)
(Gazzetta ufficiale 12/07/2004 n. 161)
Il nuovo scadenzario per i pagamenti
Scade il 20 dicembre 2004 il termine per il pagamento della seconda rata dell'oblazione e degli oneri di concessione mentre la scadenza è del 30 dicembre per il pagamento della terza e ultima rata dell'oblazione e degli oneri di concessione.
Entro il 30 aprile 2005, per le costruzioni abusive realizzate su suolo demaniale, dovrà avvenire la presentazione della copia della denuncia al catasto con il frazionamento.
Scade il 31 maggio 2005 il termine ultimo entro il quale l'agenzia del demanio deve esprimersi sul riconoscimento del diritto di mantenere l'opera abusiva su suolo demaniale e sulla disponibilità alla cessione dell'area.
Entro il 30 giugno 2005 deve essere presentata tutta la documentazione relativa al condono edilizio quale pagamento degli oneri concessori, denuncia catastale, denuncia ai fini ICI, tassa smaltimento rifiuti ecc.
documentazione da presentare per il condono edilizio
La legge stabilisce che la richiesta di condonare le opere abusive deve pervenire al comune in cui sorge l’opera entro il 10 dicembre 2004 e la domanda deve essere corredata da tutta la documentazione necessaria quale:
a) la descrizione dell’opera che si vuole sanare con relative fotografie;
b) nel caso in cui la volumetria dell’opera sia superiore ai 450mc è necessario allegare una perizia giurata attestante le dimensioni, lo stato dei luoghi e la stabilità statica della costruzione;
c) altra documentazione che il comune ritenga necessaria;
d) le attestazioni dei versamenti richiesti per legge ai fini della sanatoria ossia la prova del versamento del 30% dell’intero importo previsto dal condono e il 30% dell’importo relativo agli oneri concessori.
e) la documentazione deve essere integrata con l’accatastamento dell’immobile, la denuncia ICI e la denuncia per lo smaltimento dei rifiuti.
Se l’immobile sorge sul territorio dello Stato, questo deve essere indicato in richiesta, e in questo caso è necessario verificare, recandosi all’agenzia del demanio, la disponibilità dello Stato a cedere in termini onerosi l’area o a titolo definitivo o a titolo di locazione.
Se tale disponibilità sussiste è necessario fare domanda utilizzando i moduli che la stessa agenzia fornisce versando all’erario la somma a titolo di indennità per l’occupazione pregressa.
Contestualmente alla domanda deve essere consegnata al demanio anche copia di tutta la documentazione presentata al comune.Il provvedimento che viene rilasciato dalla agenzia con il quale si attesta il diritto del permanere dell’opera sul territorio dello Stato ha valore venti anni.
Il versamento delle oblazioni
Per quanto concerne il costo del condono edilizio “la sanatoria” (oblazione) questo varia dai 60 ai 150 euro per metro quadrato in funzione della tipologia dell’abuso, e gli oneri concessori vanno versati anticipatamente al comune secondo i criteri indicati dalla tabella D allegata al provvedimento.
La prima rata non potrà avere importo inferiore a 1700,00 euro, e nel caso in cui il costo totale della sanatoria sia inferiore a tale cifra, il pagamento deve essere corrisposto in un’unica soluzione.
Il 30% delle somme relative agli oneri concessori invece devono essere corrisposte in anticipo secondo le modalità indicate dalla tabella D allegata alla legge.
Conseguenze delle sentenze sugli immobili oggetto di compravendita
Il 7 luglio scorso le sentenze della Corte Costituzionale sono state pubblicate su GU 1ª Serie Speciale e rese pienamente operative su tutto il territorio.
Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, secondo la Consulta, il Governo avrebbe dovuto emanare una nuova legge sul condono edilizio che avrebbe dovuto indicare i criteri a cui le Regioni avrebbero dovuto attenersi nella emanazione delle nuove leggi regionali.
Tuttavia nei giorni scorsi il Governo, per mezzo dei suoi maggiori esponenti ha fatto sapere che non verrà emanata alcuna legge di definizione perché le Regioni nel legiferare dovranno attenersi alle sentenze della Consulta poiché queste sono sufficientemente esaustive.
Resta adesso da stabilire gli effetti di questa pronuncia sugli immobili che sono stati oggetto di compravendita per i quali è stato fatto il rogito, dall'ottobre 2003 al 7 luglio 2004.
Premettiamo i casi di compravendita per i quali le parti contraenti non hanno assolutamente nulla da temere;
1) quando l'acquirente si sia assunto il rischio, con dichiarazione espressa sul rogito, di acquistare un immobile per il quale potrebbe essere negato il condono edilizio;
2) quando l'acquirente abbia acquistato un immobile senza fare menzione delle modifiche apportate dall'abuso realizzato dal venditore, e a un prezzo corrispondente al valore senza gli abusi.
Negli altri casi, la questione si fa ingarbugliata perchè i contratti andrebbero rivisti tenendo presente due fattori essenziali, quello civile e quello fiscale.
Per quanto riguarda il fattore civile questo attiene essenzialmente al valore dell'immobile cui i contraenti si sono accordati. Infatti vendere un immobile considerando certa la sanatoria dell'abuso comporta la fissazione di un prezzo molto più alto; al contrario il costo di un immobile con abuso non sanabile scende notevolmente.
Per quanto concerne il secondo fattore, quello fiscale, la situazione è ancora più delicata dato che se l'acquirente acquista la prima casa, per via dell'abuso non potrebbe più usufruire delle agevolazioni e subirebbe l'aggravio del costo dell'immobile di circa l'8%.
Un modo per evitare tutti questi disagi sarebbe quello di ripristinare la situazione quo ante fra i contraenti e quindi da un lato restituire l'immobile e dall'altro riappropriarsi della somma pagata. Per la fattibilità e la convenienza di questa operazione, che tuttavia deve essere effettuata con un nuovo rogito notarile, occorrerà procedere ad una attenta valutazione caso per caso.
Per quanto concerne invece tutti i casi in cui i contraenti abbiamo stipulato un preliminare di vendita, e siano in attesa di stipulare il rogito dobbiamo distinguere i casi in cui il rogito non si può fare, dai casi in cui invece non sussistono ostacoli per la chiusura dell'affare.
I rogiti non si possono chiudere tutte le volte in cui sono state allegate domande di condono edilizio di abusi rilevanti (ossia totali) realizzati in totale assenza di permesso di costruire o in totale difformità di esso. Non vi sono ostacoli invece a chiudere i rogiti in tutti quei casi in cui la presenza di abuso non sia totale.
Leggi che regolamentano il condono edilizio:
Legge 28 febbraio 1985, n. 47
Legge 23 dicembre 1994, n. 724 art. 39
Legge 24 novembre 2003, n. 326 art. 32