Per l’esecuzione in forma specifica di un preliminare di vendita immobiliare non è necessaria la sottoscrizione di entrambi i coniugi in comunione legale, ma è sufficiente il consenso dell’altro coniuge e la mancanza del suo consenso si traduce in un vizio da far valere ai sensi dell’art. 184 c.c..
La comunione legale tra coniugi costituisce una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto avente ad oggetto tutti i beni di essa, così ciascun coniuge mentre non può disporre della propria quota, ben può disporre dell’intero bene comune. Invece il consenso del coniuge pretermesso non rappresenta un atto autorizzativo nel senso di atto attributivo di un potere, ma si configura piuttosto come negozio unilaterale autorizzativo che rimuove un limite all’esercizio del potere dispositivo sul bene e si traduce in un vizio da far valere ai sensi dell’art. 184 c.c., nel termine di un anno decorrente dalla conoscenza dell’atto o dalla data di trascrizione.
Infatti l’art. 184 cod. civ., in quanto teso a garantire la rapidità e la certezza della circolazione dei beni oggetto di comunione legale, disciplina il conflitto tra il terzo ed il coniuge pretermesso in modo più favorevole (rispetto alla comunione ordinaria) al primo, con il regime degli effetti tendente alla conservazione del negozio.
Ne consegue che il contratto, in assenza del consenso del coniuge pretermesso, non è inefficace nei confronti dei terzi ma è solo soggetto alla disciplina dell’art. 184 cod. civ. ed in particolare all’azione di annullamento ivi prevista ed accordata al coniuge non consenziente.
(Cass. Civ., Sez. II, 30 gennaio 2013 n. 2203)
fonte: Studiobisconti.it